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RUBRICA TEATRAL-MENTE a cura della dott.ssa Mariachiara Pagone

LE 5 ROSE DI JENNIFER di Annibale Ruccello Regia Gabriele Russo Attori Daniele Russo e Sergio Del Prete




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Il 19 Novembre è andato in scena nel Teatro Maria Caniglia lo spettacolo Le 5 rose di Jennifer – di Annibale Ruccello regia Gabriele Russo Attori Daniele Russo e Sergio Del Prete

 

Jennifer è un travestito romantico che abita in un quartiere popolare della Napoli degli anni ‘80. Chiuso in casa per aspettare la telefonata di Franco, l’ingegnere di Genova di cui è innamorato, gli dedica continuamente Se perdo te di Patty Pravo alla radio che, intanto, trasmette frequenti aggiornamenti sul serial killer che in quelle ore uccide i travestiti del quartiere.

 

Il viaggio nella vita di Jennifer appare un gioco mentale, un girare e girare per cercare di cogliere i nessi che la storia vuole trasmetterci. Circolare come la scelta registica.


Tutto lo spettacolo è una dimensione mentale che posta lo spettatore a proiettare al suo interno vissuti, sensazioni ed emozioni. È un continuo salto tra il reale e l’irreale, sembra un quadro di Salvador Dalì. Tutto si trasforma in qualcosa di fluido, si perde il contatto con il reale che poi irrompe attraverso l’emozione più profonda che è presente nelle trame della storia e di cui l’attore protagonista ne riesce pienamente a “incarnarne” il senso, ovvero lo strazio di una solitudine che dilania ed uccide.


Sul palco c’è il tumulto tra un maschile e un femminile che irrompono nella scena facendo perdere il senso del tempo, tanti i simboli come la cronaca alla radio o le scene in slow motion. Un tempo che diventa lento e poi frenetico tipico spesso della regia di Russo, basti ricordare anche la pedana del Don Juan in Soho.


Un tempo dell’adultità ma anche di un salto nell’infanzia fiabesca ma violata.


Spettacolare è la presenza di Del Prete che incarna Anna ma non solo, egli è come se fosse non solo un alterego ma la parte più profonda di Jennifer, la sua parte emotiva più oscura.


Vi è sin da subito in scena un’altra interessante sfaccettatura che rende lo spettacolo attuale, in una società in cui l’interferenza del mondo incide nel vivere e nello scegliere, un mondo che “interroga ma non ascolta”, un mondo in cui siamo solo corpi oggetti e non anime ecco che il regista usa anche qui una interessante, a mio avviso, simbologia in cui la tovaglia (copertura di un tavolo) diventa vestaglia (copertura di un corpo).


Lo spettacolo è un’esperienza “simil delirante”, non ci fa capire lì dove inizia e dove finisce la fantasia di Jennifer, ci trascina in questo mondo profondo e pulsionale, uno spettacolo da non perdere….

A tutti coloro che non lo hanno visto dico, andate…

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