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LIBERTÀ VERSO IL MONDO - A cura del dott. Yari Ferrone


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LIBERTÀ VERSO IL MONDO; UN ATTEGGIAMENTO GENITORIALE SU CUI RIFLETTERE


I cambiamenti storico culturali avvenuti negli ultimi decenni ci hanno visti di fronte a metamorfosi esistenziali di vario genere, indi per cui, come parole in famiglia, troviamo utile proporre una riflessione su alcuni aspetti inerenti la relazione genitori-figli/e.


Come spesso si sente dire, i decenni che ci hanno preceduto, influenzati da norme educative e culturali più rigide di quelle presenti, confidavano nella restrizione, come atteggiamento mentale, e nella severità come comportamento, al fine di rendere efficace l’educazione verso bambini e bambine.

Regole poco elastiche e scarse di contenuto vedevano i genitori opporsi ad atteggiamenti al di fuori della norma oppure a richieste di libertà che, nel migliore dei casi, andavano conquistate nel tempo.

Nelle famiglie tradizionali, quindi, la libera esplorazione del mondo richiedeva tempo, attesa, pazienza, rabbia ed infine conquista. Nulla poteva essere dato per scontato in quanto, nonostante la minor conoscenza che c’era in campo educativo, la gradualità rappresentava un valore indiscutibile.

Ciò che mise in discussione il sistema educativo precedente fu non tanto l’atteggiamento proibitivo, causa di repressione seguita da scatti d’ira o improvvise manifestazioni di rabbia e ribellione; ciò che diventò discutibile, nella nostra ipotesi, fu l’autorità esercitata dal genitore nel fare ciò, e che, privo di strumenti contenitivi e di negoziazione, agiva restrizione e proibizione in maniera coercitiva, a volte anche violenta. Molto vissuti di inadeguatezza negli adolescenti, infatti, sembrerebbero provocati da episodi passati in cui rabbia, vergogna e umiliazione li avrebbero segnati analogamente ad un tatuaggio che rimane indelebile sul punto del corpo in cui si è scelto di disegnarlo.

Anche nel campo di alcune problematiche psicologiche il lavoro clinico ci aiuta ad osservare, attraverso la ricostruzione delle storie di vita, il senso dell’assurdità e dell’ambivalenza che si evince dalle narrazioni di chi abbiamo di fronte.

Lotta e complicità , amore e odio, valorizzazioni e svalutazioni sono parole in grado di descrivere l’ambivalenza e la mancanza di significato di ciò che nelle relazioni genitori figli/e è rimasto lì, inesplorato, con ricordi di agiti mai pensati ma solo subiti e che, nonostante la loro apparente leggerezza, hanno contribuito allo sviluppo (o all’arresto) psicologico di ognuno. Perché, nel lavoro clinico, il genitore che ha provocato rabbia e per cui si prova disprezzo all’improvviso lo si valorizza? E perché il genitore perfetto può essere avvertito come traumatico ed incapace nella funzione genitoriale che svolge? Può esistere un prototipo di genitore dannoso oppure adeguato?

Intendiamo sollevare questi interrogativi in quanto, nonostante i sistemi educativi contemporanei abbiano perso gran parte della rigidità e della tendenza alla restrizione che precedentemente li caratterizzava, come mai non appare tutto così migliorato? L’atteggiamento di libertà verso i figli/e che molti genitori adottano al giorno d’oggi, sta davvero dando buoni frutti?

Sembra che, essendo passati da una libertà negata malamente, repressa, senza pensiero, ad una libertà data per scontata, stia producendo giovani più problematici. Come mai?

Erick Fromm, autore e psicoanalista tedesco, ci insegna che l’essere umano per natura teme la libertà, autorizzandoci ad ipotizzare che ciò che pensiamo di volere a livello di coscienza può essere ciò che più ci spaventa e per cui proviamo terrore. Infatti, dalle osservazioni in campo clinico, i blocchi e le inibizioni hanno a che fare con impedimenti più interni che esterni alla persona. Come se ciò che è carente sia una mancanza di strumenti per raggiungere obiettivi o per essere ciò che si vorrebbe e non le singole capacità.

Come eludere, allora, da una riflessione sulla qualità della relazione genitori figli/e inerente il concetto di libertà per prevenire queste forme di arresto psichico che assumono la forma del disagio, del sintomo? La funzione genitoriale, in tal senso, è bene che ripristini un monitoraggio adeguato che sappia osservare le modalità con cui i figli/e accedono al mondo!

Reprimere e concedere a priori diventano entrambi atteggiamenti nocivi lì dove manca attenzione al senso di ciò che accade, al dialogo, alla negoziazione, perché se la proibizione può generare repressione la totale libertà in tempi precoci può indurre a confusione e disorientamento. Se la prima è possibile tradurla come inadeguata presenza genitoriale, la seconda può rappresentare un’assenza che va a confondersi con permissività’ ed atteggiamento mentale elastico. Se la prima impedisce l’esplorazione, la seconda incorre nel rischio di costringerla in tempi in cui i figli/e non sono ancora adeguatamente equipaggiati!

È troppo facile “reprimere”, ancor più facile “lasciar andare”; ciò che conta , invece, è saper stare, osservare, ascoltare, con l’obiettivo di recuperare quella gradualità perduta ma gestita con nuovi strumenti e che consenta una crescita armonica ed un sano sviluppo, affinché la libertà non assuma una forma cieca e fuorviante, generando la possibilità che possa diventare un autentico stato dell’essere. “Il fiume è dentro di noi, il mare tutto intorno a noi!” Thomas Stearns Eliot

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