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Le parole servono. LIBERTA' - A cura della dott.ssa Lucia Colalancia

e della dott.ssa Raffaella D'Eramo


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“Quando in un essere umano si hanno consapevolezza, creatività e responsabilità,

si può dire che è libero; libero non solo dagli altri, ma anche da sé.

Vito Mancuso

In “A proposito del senso della vita” (2021, Garzanti p. 29), Vito Mancuso con la sua straordinaria capacità dialogica afferma che non c’è senso senza consenso, ovvero non c’è possibilità per un essere umano di giungere al senso profondo della sua singolare esistenza, la propria verità soggettiva, senza la libertà, senza quel libero arbitrio che ne orienta le scelte.


Con questo piccolo, ma profondo saggio che vi invito a leggere, Vito Mancuso ci accompagna nella riflessione della parola libertà che non può non seguire, nelle parole che servono a nutrire la nostra pensabilità, la straordinaria parola verità. E se, come abbiamo detto, l’essere umano tende alla ricerca della verità, è costantemente portato a dare senso a ciò che lo circonda e a ciò che lo costituisce, a ciò che percepisce e sente nel corpo e nella mente, fin dall’infanzia e per tutta la vita; se, in particolare, è spinto a cercare la propria verità soggettiva, allora, come ci ricorda Mancuso, siamo noi i responsabili del senso della nostra singolare esistenza… dipende da noi (op. cit. p. 29). Se dare senso oppure no, se cercarlo, il senso della nostra esistenza, oppure no.


Di fronte alla tendenza a cercare il senso di sé nel qui e ora della propria vita, l’essere umano si trova sempre davanti ad un bivio, a cui lo richiama quel libero arbitrio che lo pone in essere. Ed ogni scelta, ogni bivio superato, è una costruzione di sapere di sé, di crescita nella consapevolezza, nel dare senso alla propria esistenza.


Sappiamo bene però che questo processo di crescita e di consapevolezza di sé non è lineare, né poi tanto semplice. Siamo intrisi della nostra storia, delle relazioni che viviamo e che ci costituiscono, siamo frutto di quell’incontro tra la nostra natura più profonda (scritta nei geni come potenzialità costitutiva) e la cultura a cui apparteniamo, del reale che incombe sulle nostre esistenze e del loro connubio arbitrario che rende quella potenzialità una reale, o mera, possibilità di esistenza. Ma allora è veramente possibile la mente libera? Ossia quel libero arbitrio, quando la nostra vita è costituita dall’Altro? Dalle relazioni che ci hanno formato, dalla nostra storia, dalla cultura in cui viviamo, dal reale che incombe sulle nostre vite? O dalle costrizioni interiori di un non conosciuto in noi? Insomma la riflessione si fa sempre più complessa perché tale è questa parola che risuona continuamente, ogni giorno dai tempi dei tempi, nelle innumerevoli lotte per la sua conquista, per quel diritto ad esistere come esseri liberi da condizionamenti interni ed esterni. Perché ancora oggi, all’inizio del 2023, la libertà è un concetto complesso, intriso di sangue e morte, lotta e devastazione, catene e soprusi, offuscato dalle ragioni irragionevoli di parti che predominano sul tutto, che raccontano del libero arbitrio qualcosa che nega il sapere filosofico e teologico, che occulta ogni “ragionevole” dubbio. Che azzera ogni consapevolezza…


Credo, come sostiene Vito Mancuso, che la “mente libera” sia una conquista. Che non sia costitutiva, ma sia costituente, ossia che sia quella scelta dell’umano che concorre a formare, a dare forma, al nostro sé più profondo nel tempo della nostra vita. Come? Vito Mancuso, nel suo “non c’è senso senza consenso”, ci ricorda che la mente si può considerare libera quando coesistono tre condizioni: quando siamo consapevoli (di sé, di sapere e non sapere, del mondo intorno…); quando la mente agisce con creatività (ossia la capacità di “fare dal nulla”, di “creare qualcosa di nuovo” o di migliorare ciò che esiste già. Cfr. “Le parole servono.


Educare la pensabilità in tempo di pandemia, BooKRoad, 2022, p. 71), quando è in grado di introdurre il nuovo, la novità, quando diverge dagli itinerari stabiliti da altri (capace cioè di esercitare il pensiero divergente[1]); quando è responsabile, ossia quando “risponde” alle situazioni della vita, con consapevolezza e creatività. Con-senso però richiama nella sua etimologia a quel “sentire insieme” (dal lat. consensus, sentire insieme) che pone l’essere umano come essere relazionale, con l’altro, fin dal suo concepimento. E che ciò che siamo è frutto delle relazioni che abbiamo vissuto e stabilito, con l’altro e con noi stessi.


Vista da questo punto di osservazione la mente libera, di essere e pensare, è frutto di un cammino, di uno spogliarsi di condizionamenti, interni ed esterni, e di un continuo formarsi, esperienza dopo esperienza, nella vita che abbiamo da vivere, delle relazioni che siamo, della nostra verità esistenziale più profonda come esseri umani. In fondo giungere ad avere una mente libera è un po' come creare un’opera d’arte, in cui aggiungiamo (come gli strati di pittura su una tela bianca) e in cui togliamo (strati di materiale, come nella scultura per giungere alla forma compiuta): in questo togliere e mettere si forgia la capacità di pensare i pensieri, di divenire capaci di pensare, in modo libero, la propria esistenza. Che sfida! A voi la scelta…


[1] Pensiero divergente, pensiero che esplora nuove possibilità, nuove strade per giungere a soluzioni diverse o a produrre nuove idee. Legato alla creatività, stimola l’ispirazione e l’insight.


Psico-educazione: educare alla libertà


Dobbiamo sempre guardare le cose

da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso”.

Tratto da “L’attimo fuggente”, 1989, regia di Peter Weir


Ci teniamo tutti ad essere accettati ma dovrete credere che i vostri pensieri siano unici e vostri, anche se ad altri sembrano strani ed impopolari. Come ha detto Frost << Due strade trovai nel bosco ed io scelsi quella meno battuta, ed è per questo che sono diverso>> (da L’attimo fuggente, 1989, regia di Peter Weir). Parole indimenticabili del professor John Keating (Robin Williams) in un film che certamente ha fatto storia ed ha spinto generazioni di giovani a guardare il mondo da angolature diverse, a guardarsi dentro per trovare la propria unicità, a fare del Carpe Diem il motore del proprio desiderio. Dalle Odi di Orazio ad un film straordinario, questa massima latina ci richiama ad un atteggiamento verso la vita che ha il sapore della libertà, che invita a fare della propria vita un destino. Un professore che invita i suoi alunni a guardare la poesia come espressione del sentire umano, della profondità dei sentimenti e cercare in essi il senso della propria vita, cambiando prospettiva e scegliendo la strada meno battuta…


Educare alla libertà, alla mente libera, come ci ha spiegato Vito Mancuso, da genitori e da educatori, implica necessariamente porsi nella direzione dell’insegnamento sovversivo del professor Keating, di chi invita (“Oh Capitano, mio Capitano…” poesia di Walt Whitman del 1865) a seguire i propri sogni. Poiché la mente può essere libera nella misura in cui è consapevole, creativa e responsabile, allora educare alla mente libera richiede quel necessario cambio di prospettiva che invita a cercare il senso della propria vita.


Significa far sì che i propri figli, fin da piccoli, possano essere liberi di esplorare, di sperimentare con i sensi, come diceva Maria Montessori, di creare attraverso il gioco. La libertà esplorativa implica tener conto delle attitudini e delle capacità del bambino. Ma cosa significa libero di esplorare? Fondamentalmente offrire i giochi al bambino e mettersi in una posizione di osservatore, in modo che il bambino possa esplorare e giocare in autonomia. L’adulto ha la funzione di aiutare il bambino, se in difficoltà, indirizzandolo a superarle da solo, ma mai dandogli la soluzione. È fondamentale aiutare il bambino a scoprire sé stesso, l’altro e il mondo all’interno di una relazione affettiva ed educativa che lo faccia sentire sicuro. Ogni esperienza che il bambino vive all’interno di una relazione educativa in cui si sente sicuro diviene un mattoncino, di pensiero ed emozioni, che costruisce la sua capacità di stare al mondo, di entrare in relazione con il mondo e con gli altri. Da genitori ed educatori è fondamentale, nel lasciare libero il bambino di esplorare, esercitare l’arte della pazienza, dell’attesa dei tempi del bambino nel fare esperienza, senza aspettative sull’esito.


Nel tempo della crescita, la libertà ad esplorare si traduce nel permettere ai figli di esercitare il pensiero critico, di poter esprimere la propria opinione cercando, nella dialettica, di non perdere il proprio ruolo educativo. Perché pensiero libero richiede consapevolezza e responsabilità e i bambini prima e gli adolescenti poi, lo potranno esercitare nella misura in cui ci siano adulti capaci di abitare il proprio ruolo. Perché libertà non è “faccio quello che mi pare”, né “tu non mi comandi”, per citare solo alcune delle affermazioni più tipiche dei figli, non è non avere punti di riferimento. Il bambino può esercitarsi al pensiero libero in un contesto protetto, in una relazione affettiva che lo faccia sentire sicuro, riconoscendo il ruolo dell’adulto: ciò è possibile nella misura in cui l’adulto sia in grado di esercitare la sua “adultità”, in modo amorevole e autorevole, custodendo il vuoto. Spesso ho usato questo termine straordinario che richiama all’idea che educare non è riempire, non è istruire, ma ha a che fare con la mancanza, con il desiderio. Perché se c’è un tutto pieno, a che mi serve cercare? Se ho tutto ciò che penso mi serva, che senso ha desiderare?


È questa forse la difficoltà più grande, educare lasciando libero il bambino/adolescente di sperimentare, di conoscere, di scoprire sé stesso e il mondo. Credo che il compito dell’educatore sia quello di accendere il desiderio di sapere, creare la condizione per cui il bambino/adolescente si attivi nella ricerca, in modo particolare nella ricerca del senso di ciò che è e lo circonda... E questo implica farsi da parte, stimolare senza riempire, incuriosire senza svelare, testimoniare senza porsi come unici detentori della verità. Significa aiutare i figli a guardare il mondo da angolature diverse, educare al rispetto del pensiero altrui, alla libertà di espressione, al riconoscimento delle proprie e altrui emozioni. Significa insegnare il valore della parola come fondamento della relazione, come riconoscimento del valore intrinseco dell’essere umano in ogni sua espressione.


Se saremo capaci di custodire il vuoto, daremo ai nostri figli la possibilità creativa di animare la ricerca di sé, dell’altro, del sapere, di essere naviganti nel mare della vita, alla scoperta del senso della propria esistenza, con il pensiero libero di essere e diventare.


ETIMOLOGIA dott.ssa Raffaella D'Eramo

Libertà


L’origine della parola libertà (libertate(m)) deriva dal latino liber: libero, che è esente da costrizioni, che non è soggetto a nulla, che non è schiavo (il liberto era lo schiavo liberato). La stessa radice di liber è contenuta in libēre: far piacere, aggradare, da cui libens: volenteroso, contento, perché solo chi è libero fa ciò che gli piace. In greco libero si dice ἐλεύθερος (eleùtheros): chi agisce secondo la propria volontà, interesse, desiderio; indipendente. La libertà, dunque, è la condizione dell’uomo che compie le proprie azioni spinto da ciò che gli piace e che desidera raggiungere. Cicerone diceva che “la libertà è la possibilità di vivere come si vuole” (Quid est libertas? Potestas vivendi ut velis). Per vivere come si vuole è necessario liberarsi da costrutti mentali, etichette, convinzioni sociali, che possono rappresentare un limite a qualcosa che non può essere confinata perché la libertà non inizia e non finisce, è quello stato mentale che permette di fare consapevolmente delle scelte, secondo quello in cui si crede e che porta giovamento, assumendosi la responsabilità di uscire dai tracciati decisi per noi da altri.



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