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L'incertezza e la garanzia - A cura del Dott. Cristian Prosperini

Aggiornamento: 10 ott 2022

Gli eventi degli ultimi anni hanno assestato durissimi colpi alla prospettiva sul futuro introducendo un radicale senso di incertezza. In primis la pandemia ha reintrodotto il timore per le proprie vite, in un’epoca in cui si era molto restii a pensare che non esistesse una cura o quantomeno un trattamento per ogni cosa.

Abbiamo vissuto un passaggio rapido e sconcertante: si è infatti passati dalla certezza di un “tutto sempre sotto controllo” ad una sua dura smentita. Non solo l’angoscia di morte legata al contrarre il virus, ma anche i dubbi sull’efficacia di azioni per gestire il virus stesso. A partire dai primi mesi del 2020 e di quelli a seguire ricordiamo certamente il costante prolungamento del lockdown, la variazione quasi settimanale dei divieti regionali, l’obbligatorietà dell’uso delle mascherine, le informazioni contrastanti sui vaccini. Abbiamo fondamentalmente assistito al tentativo di imbrigliare qualcosa di ingestibile come un virus e ciò che più ha avuto modo di colpire è stato il constatare come fossero veri e propri tentativi che venivano smentiti e corretti in corso d’opera.


In questa situazione i punti di riferimento rappresentati dagli esperti e in qualche modo dal governo, ne sono usciti comprensibilmente malconci agli occhi di tutti. Qualcosa di certamente comprensibile, ma quello che ci insegna la psicoanalisi è che quando il punto di riferimento vacilla il rassicurante senso di garanzia viene meno e di conseguenza l’inquietudine e l’angoscia dilagano. Da qui la spasmodica ricerca di riferimenti che potessero dire cosa fare per tutelarsi, la cui costante smentita finiva per far sentire sempre più derelitti, spacciati.


È questa incertezza ad aver avuto degli effetti clinici su diversi livelli. Ha in primo luogo prodotto delle difficoltà negli studi, nel lavoro. Com’è comprensibile vivere la crisi delle prospettive lascia disperati e sappiamo bene come la vita senza speranza diventi un grande fardello.


Sono diventati più evidenti il panico e l’ansia, delle vere e proprie perturbazioni di sé legate all’essere invasi da un’angoscia che rende tutto più difficile e insensato. Un forte senso di rabbia e di inadeguatezza particolarmente presente nei giovani adulti. Se temo che non ci sarà più un domani, poco ha ancora senso.

Davanti ad una grande incertezza sì osservano fenomeni propriamente clinici in cui si tenta, in diversi modi, di maneggiarla come accade la tendenza al gioco d’azzardo e nei Disturbi del Comportamento Alimentare in cui è grande l’enfasi sul controllo e nel rapporto soggettivo con il limite. Un’ulteriore dimensione molto evidente la tendenza all’isolamento, si è fatta infatti più forte la logica del “chiudo tutto per evitare di perdere”, che è di fondo un “mi chiudo per evitare di perdermi”.


Da questo vertice di osservazione è evidente che siamo stati toccati tutti in modo trasversale, ma ascoltando con attenzione chi arriva poi a chiedere di intraprendere un lavoro terapeutico o un lavoro di analisi, si riesce a cogliere come la sofferenza provata oggi sia un’infiammazione di punti soggettivi preesistenti. L’incertezza attuale riapre vecchie ferite, riporta a galla esperienze passate proprie della vita di ciascuno, accumunate dall’essersi trovati in una condizione di inermitá. Dobbiamo, infatti, tener presente che l’inermità è uno dei nomi del trauma. Trovarsi in balia di qualcosa faticando a trovarne un senso è un modo di dire il trauma. È possibile quindi affermare che l’angosciosa incertezza attuale ha avuto il potere di riattivare i più intimi traumi soggettivi.


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Rispetto a cosa sia possibile fare per gestire una simile situazione, sicuramente non esiste una risposta universale, non c'è una garanzia ultima, però, com’è facilmente intuibile a partire da quanto detto, per provare a rispondere alla paralisi e al disorientamento è importante prendersi cura delle ferite più intime e preesistenti. Per dirlo con uno slogan occuparsi di ciò che è vecchio per poter costruire qualcosa di nuovo. Se ci si alleggerisce di quello che è stato c’è la possibilità di una nuova libertà che sia fondata sul poter fare a meno dell’idea che ci sia una vincolante garanzia sulla propria vita.


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