L’ARTE DELLA RISONANZA NEL “BICORDO ANALITICO” (L’Analista e la Viola d’Amore )- A Cura della dott.ssa Monia Paolilli
- Parole in famiglia

- 14 set 2024
- Tempo di lettura: 7 min

…Ciò che c’è di meraviglioso nella musica di Mozart è che “la risonanza” che viene dopo è ancora di Mozart; così come ciò che c’è di meraviglioso nella musicalità dell’ Analisi è che “la risonanza ”che viene dopo è ancora dell’Analisi. Così come la musica gioca con la risonanza, Analista e Analizzando giocano anch’essi in uno scambio creativo e ri-suonante dando forma al loro personale ed unico
“Bicordo Analitico”..
-Gustav Mahler-
C’era una volta… un violino che fra le mani del famoso violinista Melodio Fon Diesis, suonava melodie meravigliose. Un giorno Melodio andò a suonare nella città di Brema insieme ad una celebre violinista di nome Biscroma Bemolle; e qui capitò una cosa molto strana. Appena i due violinisti cominciarono, invece di suoni limpidi e precisi, si sentirono suoni incerti, tremolanti, sospiranti. I due violinisti, molto sorpresi ricominciarono con attenzione; ma dai violini uscivano solo lamenti, cigolii. Preoccupati, portano i due strumenti da Liutus, un bravo aggiustatore di violini, che prese i violini, li toccò, li annusò, li osservò e disse:
“ E’ chiaro signori, questi violini si sono innamorati”...Innamorati?!esclamarono insieme Biscroma e Melodio.
Proprio cosi disse Liutus. Da ora in poi non suoneranno più come prima.
Ma che si può fare? Chiese Melodio, non c’è niente da fare rispose Liutus. Dovrete prendere altri violini e lasciare questi due insieme in una grande custodia .Ma saranno felici? Domandò Biscroma…Bhe !non proprio felici ma almeno saranno vicini disse Liutus. E non ci sarebbe un modo per farli suonare insieme? Chiese Melodio! Non da due suonatori diversi disse Liutus, pensando…a meno che…posso fare un tentativo disse Liutus, e si mise al lavoro.Costruì un violino un po’ più grande del normale, poi prese le corde del violino di Melodio e le corde del violino di Biscroma e le mise insieme come corde del nuovo violino. Poi con un archetto delicatamente cominciò a suonare quel nuovo strumento dalle tante corde. Ed ecco un suono dal timbro delicato, basso, dolcissimo, nuovo mai sentito…
Vedete? Disse Liutus soddisfatto.
Le anime dei vostri due violini sono diventate un’anima sola in questo strumento. A me piacerebbe dargli il nome di “Viola d’Amore”
***
La stanza d’Analisi è invasa da accordi polisensoriali, incarna una sorta di teatro dell’ascolto nel quale prende forma la Sinfonia Analitica, unica, irripetibile, di quel bicordo di inconsci che si incontrano; le corde dell’Analista e le corde dell’Analizzando. Come afferma Lombardo, l’ Analista è come colui che dovrebbe essere in grado di risuonare come le corde della Viola d’Amore. In questo strumento ad arco, dalla forma di una viola, una doppia teoria di corde è obbligata a vibrare per “simpatia”, anche se solo una viene toccata dall’arco. Suonano su uguali lunghezze d’onda, accordate all’unisono, ma affinché si produca della buona musica, le corde inferiori, (quelle dell’Analista), per rimanere nella metafora, non devono suonare autonomamente, ma prestarsi ad arricchire il suono del paziente, senza imporsi. Una leggenda narra che , i suonatori di Arpa, passano metà del loro tempo ad accordare le corde del loro strumento, e l’altra metà a suonare stonati”. Paradossale come cosa no?. Accordano, Accordano, per poi restituire e restituirsi sempre qualcosa di dissonante, di stonato, e quindi di conseguenza si ricomincia ad accordare, un’accordatura costante.
L’Analista, come i suonatori di arpa, dovrebbe allora accettare questa accordatura costante di se stesso, e la possibilità di farsi transitare dalle sonorità dell’Analizzando nella relazione, ascoltando primariamente la propria vibrazione, la messa in movimento dentro di sé di quei frammenti di pensiero confusi, spaventati, esitanti e dodecafonici che si intrecciano nella sinfonia dell’ Analisi. E’ come se l’Analizzando producesse per la gran parte sonorità dodecafoniche; la dodecafonia apre le porte alla musica dell’inconscio, l’atteggiamento più giusto di chi si pone all’ascolto di tale musica, visto che siamo in presenza di una sospensione, sarà quello di disporsi ad “oscillare”: se infatti si ascolta la musica di Debussy si può notare che raramente si possono scorgere motivi “cantabili ”o “orecchiabili”, ma solo frammenti; gli stessi frammenti dell’Analizzando che l’Analista riesce ad ad intuire all’interno del setting analitico.
Tutto questo genera “sospensione, attesa, creando così un vuoto melodico che richiede in chi ascolta la capacità di saper stazionare nell’incertezza, la capacità di tollerare accordi disarmonici, dissonanti, incompleti, attendendo con pazienza una loro risoluzione armonica. L’ascolto musicale dodecafonico, come l’ascolto Psicoanalitico, diventa quindi un’avventura senza fine, con melodie non chiare, proprio perché rimandano ad un significato nascosto che risiede nel nostro inconscio. Questo oscillare cui ho fatto riferimento, corrisponde alla cosiddetta “attenzione fluttuante” presente nella psicoanalisi di Freud; l’ascoltatore – come lo Psicoanalista- deve morire un po’ a se stesso, sospendendo volontariamente la propria incredulità rispetto alla musica che sta per nascere, aprendosi quindi al vuoto compreso nel luogo dell’oscillare; da una melodia all’altra, da una tonalità all’altra, da un accordo all’altro.
L’Analista , come afferma Di Benedetto, è come un interprete , che traduce i segni muti di un pentagramma inconscio in un discorso udibile; ma tradurre i segni muti di un pentagramma non vuol dire svelare un mistero, ma soltanto farlo risuonare, e dunque assumersene la responsabilità. Mi verrebbe da includere tutta la totalità di un lavoro psicoanalitico, in una sorta di contenitore che identifico in una avvolgente “Evoluzione Artistica”; mi spiego meglio, il pezzo musicale di per se “non esiste”, viene fatto “nascere” ogni volta, e cosi, come la musica esiste solo nel tempo della sua esecuzione; anche l’ora dell’Analisi, esiste e prende forma solo nel tempo presente, nel qui e ora della sua esecuzione.
Sono entrambi momenti unici, che non possono essere riprodotti. E’ come se il tempo si muovesse “di dentro”. Il tempo, in analisi, non è una misura come la velocità ( tot eventi in un dato tempo, ad esempio 100 chilometri in un'ora) bensìuna “condizione”, quella che mi consente da una molteplicità di accadimenti di arrivare a fare un “Uno”, per intenderci, arrivare a produrre una sintesi. Questo da cosa deriva? Dalla nostra natura, bisogna farsene "una" ragione. E questo come si realizza? Quando arriviamo a cogliere la relazione che esiste fra la fine e l'inizio e viceversa. Anzi ci sarebbe da chiedersi, nel corso di un percorso, quale momento non viva della relazione strettissima con la fine e con l'inizio ? In un brano di musica, “la fine contenuta nell’inizio” rappresenta il “vissuto”, che rende ogni momento conseguenza di tutto ciò che l'ha preceduta e premessa per tutto ciò che seguirà.
Nel contenitore dell’esperienza Psicoanalitica prende forma l’esecuzione del duetto analitico tra il Paziente e l’Analista.
Come afferma Jung, l’Analista dovrebbe ascoltare la Psiche come ascolterebbe la musica, con intuizioni creative così da collegarsi al proprio inconscio per poi tentare di far ri-suonare la “cassa armonica interiore del paziente”. La pratica Psicoanalitica deve la propria partitura all’intreccio polifonico tra la voce dell’Analizzando e le parole- ma ancor più i silenzi – dell’Analista. L’esperienza analitica, d’altro canto è altrettanto privata e intima come l’esperienza intrinseca musicale. Qualsiasi tentativo di spiegare l’evento, sia esso il fenomeno musicale o fenomeno analitico, finisce con l’annegare in categorie discorsive che non vanno oltre il vaniloquio.
I momenti cruciali di un percorso Analitico sono spesso portatori di un alto contenuto artistico, che fa di quegli attimi ad elevata intensità emotiva , momenti trasformativi per eccellenza, nei quali analista e paziente sono protagonisti di azioni e vissuti che si collocano al di là di ogni tecnica. Qui e ora, presenti, nel presente del Componimento analitico si va musicando la partitura dell’analisi. Se così vogliamo dire, una partitura artistica, come afferma Carotenuto, l’arte va interrogata e ascoltata e dall’arte bisogna farsi interrogare per le sue capacità di svelare l’umano, accogliere e comunicare gli elementi preverbali, confusi e caotici dell’esperienza, ovvero l’indicibile. Lo stesso indicibile da cogliere ascoltando una sinfonia di Beethoven o ancor meglio decifrando e dando forma allo spartito musicale del paziente. Ogni paziente possiede una propria partitura originale collocata nelle parti più remote di se stesso; ognuno di loro possiede una stenografia interna che, qualora se ne creino le condizioni, nel rapporto analitico può permettersi di farne risuonare la melodia, la sua melodia, unica, irripetibile. Cosa se ne fa di questa partitura intrisa in sè? Vorrebbe farla suonare , o meglio ancora ri-suonare in se stesso per darsi la possibilità di ri-vivere e mettere in scena la propria Sinfonia Analitica.
Per far suonare questa partitura il paziente funge da solista, e ciò non basta, necessita di un altro essere umano, di un’altra corda risuonante in grado di assumersi l’onere di “leggere”, “decodificare” ,” musicare”, interpretare, accompagnare e catalizzare la singola partitura del paziente. Spesso sentiamo discorsi di questo tipo: Ma come fa questo pezzo musicale?, piuttosto che, come si suona questo pezzo?, o ancora; a quale velocità devo suonarlo questo?.
Ecco! Faremmo bene a chiederci in ambito psicoanalitico…, COME SUONA QUESTO PAZIENTE, A QUALE VELOCITA’ ESEGUE SE STESSO SUL PALCO SCENICO DEL TEATRO ANALITICO? , CHE TEMPO MUSICALE INTERNO POSSIEDE’ PER “duettare” CON NOI NELLA STANZA D’ANALISI LA PROPRIA MUSICA?
Chissà, forse un adagio, un allegro ma non troppo; non possiamo saperlo, potremmo solo viverlo nel qui e ora del componimento analitico; nel qui e ora della creazione di quell’estro armonico unico e irripetibile. Essere pronti ad accogliere questi momenti di improvvisazione armonica rappresenta la più grande qualità dell’Analista in seduta. In ambito musicale si utilizza uno strumento, l’accordatore, che ha la pretesa di far intonare a 442 hz il duo interessato. In psicoanalisi quale può essere questo strumento che veicola la risonanza dell’intonazione tra analista e analizzando?
L’Inconscio! Cosi come il Maestro dirige la sua orchestra, in Psicoanalisi è l’inconscio che dirige la scena analitica e ne crea assonanze e dissonanze, indispensabili per ri-vivere e far nascere il componimento analitico tra le due menti in seduta.
E’ come se, prima della prima nota non c'è nulla, prima della seconda c'è la prima e prima della terza ci sono la prima e la seconda. Che cosa determina questo fatto? Che ogni evento, qualsiasi esso sia, lascia una traccia nel nostro mondo psichico, e tutto questo diventa un riferimento per gli eventi successivi. Ogni battuta all'interno di uno componimento sinfonico ha una funzione "unica", è allo stesso momento conseguenza di tutto ciò che l'ha preceduta e premessa per tutto ciò che seguirà. Una nota, non è fatta solo da quella nota, ma da tante altre note in essa contenute. Questa sottilesfumatura, ponendoci con un ascolto attento ci fornisce la possibilità di coglierne, e farne risuonare le sfumature dei cosiddetti “Armonici”; in grado di palesare l’eco risuonante di quel particolare “Bicordo Analitico”.
Bibliografia:
- Di Benedetto A. ( 2000 ), Prima della parola – L’Ascolto Psicoanalitico del non detto attraverso le forme dell’arte , Franco Angeli Editore.
- De Mari M. Carnevali C. Saponi S. (2015), Tra Psicoanalisi e Musica, Alpes Editore.
- Hannah B. (1980), Vita e opere di C. G. Jung, Rusconi Editore.
- Hillmann J. ( 1979), Il mito dell’Analisi, Gli Adelphi Editore.
- Ogden T.H. (2005), L’arte della Psicoanalisi- Sognare sogni non sognati, Raffaello Cortina Editore.
- Sacks O. ( 2007), Musicofilia, Gli Adelphi Editore.
- Sacchi D. (2010), Theodor Reik e il “Terzo orecchio”- Introduzione all’ascolto Psicoanalitico, Edi- Ermes, Centro Scientifico editore






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