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L'arminuta a borgo sud - A cura del dott. Cristian Prosperini


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Testo tratto dall’intervento nel convegno

“La voce dei giovani XIII”


La lettura dei testi di Donatella Di Pietrantonio “L’Arminuta” e “Borgo Sud” ci consente di entrare nelle pieghe più intime della vita di una donna, partendo dalla sua travagliata infanzia per arrivare alle vicissitudini della sua età adulta. In questa sede si tenterà di mettere in evidenza alcuni temi che caratterizzano la storia della protagonista mantenendo un po’ di ombra sulle vicende per non intaccare il gusto della scoperta in chi avrà intenzione di leggerli e magari per far sorgere in qualcuno la curiosità e la voglia di saperne di più.


L'abbandono è il tema evidente che accomuna i due romanzi in cui si dipana vita della protagonista. Un tema che non va semplicemente inteso nella prospettiva di una deprivazione, ma come un evento attraverso cui si presenta un'incognita, in cui si incontra il dubbio radicale sul proprio valore, su cosa si è per l'Altro.


Senza svelare troppo della trama di questi romanzi è possibile mettere in evidenza come entrambe le madri dell’Arminuta, nome con cui ci si riferisce alla protagonista, evochino in lei delle domande radicali: Perché mi hai dato via? Perché mi hai riportata? Sono questi i due profondi interrogativi che segnano il suo rapporto con le due donne rappresentando il filo conduttore del primo libro.


È un'incognita che la tiene legata e si rintraccia successivamente nella sua scelta amorosa, descritta nel secondo romanzo. Una relazione quindi segnata da un dubbio che ha origini più antiche. Solo con fatica e più in là nella sua vita arriverà, infatti, a realizzare ciò che le è da sempre evidente, riuscendo così ad autorizzarsi ad affrontare direttamente suo marito e quel non detto che porta con sé. L’incognita quindi su cosa sia per l’Altro rappresenta un punto di continuità che si protrae nella sua vita amorosa.


Un ulteriore tema evidente nei romanzi è il legame che intercorre tra sorelle, tra la protagonista e sua sorella Adriana. Un legame ovviamente reso saldo dal loro rapporto con la madre. Per entrambe è il peso assoluto delle parole materne a segnarne la vita sentimentale, nella piega della profezia per quanto riguarda l'Arminuta, e della vera e propria maledizione per sua sorella Adriana.


La relazione di Adriana porta con sé un tratto del suo rapporto con il materno che si rende evidente nello scegliere un uomo che condivide con sua madre l’essere crudo, incapace di un qualsivoglia gesto di tenerezza. L’Arminuta, d’altra parte, si trova a scegliere un uomo che porta con sé i tratti di Adalgisa, la sua madre adottiva, ovvero la capacità di dare valore al risvolto emotivo della vita, con una tenerezza che però non sfocia mai in passione.


L’Arminuta fa esperienza di un abbandono e questo nella sua vita si ripete a più riprese, lascia infatti un segno, una ferita che esige una tragica ripetizione. Con le sue parole: “C’era qualcosa in me che chiamava gli abbandoni”.


Ma come sappiamo c’è la possibilità di far qualcosa di un simile tipo di ferita. Renderla un’occasione, seppur dolorosa, per aprirsi a qualcosa di nuovo, ad una nuova generatività. Ed è quello che la sua storia ci insegna. La sua vita, infatti, non si chiude, non resta ferma sul punto della perdita. A differenza di sua madre che resta paralizzata, congelata al momento di un suo doloroso e inaspettato lutto, resta viva, pur soffrendo non si spegne, si dedica alla sua passione.


Se tutta la vita della protagonista sembra muoversi polarizzata dai rapporti con le sue madri, nel rapporto con il dolore e la perdita si gioca qualcosa di nuovo, la possibilità di differenziarsi e trovare un modo proprio e singolare di essere donna.

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