L’amore non basta- A cura della dott.ssa Lucia Colalancia
- Parole in famiglia

- 24 nov 2022
- Tempo di lettura: 3 min

L’amore non basta. Prendo a prestito il titolo di uno scritto della psicoanalista Nina Coltart come sottotitolo immaginario del film “A star is born” di Bradley Cooper, inserito dall’American film Institute tra i migliori film del 2018, nonché premio Oscar per la colonna sonora.
Un film che racconta molto di più di una bellissima e complicata storia d’amore, in cui si intrecciano dolorosi vissuti personali e percorsi del desiderio, in cui l’amore, appunto, non basta. Jackson è un musicista in carriera con un talento sbocciato e realizzato, sensibile e inquieto.
Nato da un padre ultra sessantenne, alcolista e disimpegnato, e da una giovane donna, morta nel darlo al mondo, Jackson affoga nell’alcol l’impossibilità di attraversare l’esistenza, riempiendo il vuoto che sente angoscioso e perturbante. Se il talento diviene generativo e si accosta al desiderio ed alla mancanza ad essere, si apre, inevitabilmente, un varco sulla superficie (superficiale In the shallow) delle nostre esistenze per contattarne la profondità. Attraversare non è semplice, soprattutto quando il dolore racconta fantasmi mortiferi e porta con sé la colpa del non conosciuto, delle braccia che non hanno potuto tenere.
Attraversare l’esistenza avendo qualcosa da dire al mondo diventa possibile solo incontrando se stessi, solo se quel vuoto angosciato e cupo, trova il senso e diviene destino. Ma per Jackson l’incontro con se stesso anima paure spaventose da cui allontanarsi, stordendosi con l’alcool, così come l’incontro con il suo desiderio (avere qualcosa da dire attraverso il talento della musica) diviene possibile solo annullando la consapevolezza, senza un esserci pieno, capace di accogliere il godimento che ne deriva. Un impossibile da vivere, dopo ogni concerto, dopo ogni obiettivo raggiunto, dopo ogni momento felice in cui la vita diventa viva.
Nonostante il desiderio di un cambiamento (Longin for change)… Ally aveva quasi rinunciato ai suoi sogni: diventare una cantante in un mondo di lustrini e paillettes, dove contava più la bellezza esteriore che il talento, le sembrava ormai impossibile. Senza aiuti, con il desiderio prigioniero del sogno e tante cose da dire, ai margini di un mondo inarrivabile, Ally incontra Jackson. L’incontro fra due anime affini è sempre un incontro trasformativo, intimo e profondamente intenso. L’incontro fra due anime affini richiede di attraversare, in quell’intimità, di conoscere l’altro, fino in fondo (voglio vedere come sei senza trucco, al naturale), di accogliere la particolarità dell’altro: indugiare sul volto di Ally, coglierne la particolarità, ri-conoscere l’anima profonda di quel particolare. Occhi negli occhi, volto a volto… come il primo atto generativo alla nascita dell’umano in cui è il volto della madre a radicare la speranza nel domani, così l’incontro d’amore è un atto generativo del desiderio di una vita viva.
L’incontro fra due anime affini genera sempre una possibilità di attraversare, poiché nell’altro troviamo le parti mancanti, ciò che ci manca per attraversare il reale dell’esistenza. Offrire ad Ally un’opportunità di trasformare il suo potenziale in possibilità era per Jackson l’occasione unica e irripetibile, attraverso quella straordinaria sintonia delle anime, di provare a stare nel reale dell’esistenza, di contattare la sua divisione soggettiva, i suoi fantasmi mortiferi, lo straniero che lo abita.
L’altro è il nostro tiranno, colui che, come uno specchio delle nostre esistenze, ci rimanda qualcosa di noi, qualcosa che interroga profondamente. Esserci per l’altro, totalmente. Ally offre braccia e cuore al suo uomo tormentato (prenderti per mano e sprofondare in acque più profonde) che, nonostante l’amore unico e sincero, alza muri (sei peggiorato da quando stai con me), si barrica in quel vuoto mortifero, distruggendo ogni barlume di dignità, ogni dimensione di vita viva.
E quando l’etichetta diventa più forte della flebile speranza, quando la vergogna non apre al cambiamento
trasformativo, ma genera un buco nero e vuoto di senso, bloccante e mortifero per l’altro, quando ci si sente impotenti e soli, zavorra per l’altro, ostacolo alla sua vita viva e capace di diventare destino (il tuo modo di dire le cose è angelico), allora l’amore non basta. Assistiamo al rovesciamento (la mia morte genera la tua vita e non la mia vita non viva genera la tua morte) di un dolore non elaborato, nell’impossibilità di ancorare la propria esistenza nella speranza del cambiamento.
All’amore, profondo e generativo, va aggiunta la scelta: scelta di attraversare le proprie divisioni interne, passaggio imprescindibile per vivere e dire un sì alla vita insieme con tutte le sue sfaccettature. Si può essere veramente coppia, vivere la forza dirompente del desiderio e dell’amore, solo se si è scelto di incontrare se stessi, intimo che incontra l’altro nell’intimo di una profondità che solo allora può diventare generativa e creativa. Solo allora uno più uno fa uno, unità della coppia di anime affini, che accolgono il particolare dell’esistenza per diventare destino.
Solo quando l’amore si nutre della scelta di sapere di sé, di incontrare se stessi nell’incontro generativo con l’altro che ci offre la sua mancanza particolare ed a cui noi offriamo la nostra mancanza particolare, solo allora l’amore apre varchi inesplorati (in the shallow) e quel dire attinge nell’altrove…






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