D.S.A. ISTRUZIONI PER L’USO - A cura della Dott.ssa Marianna Sacco
- Parole in famiglia

- 4 ott 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 10 ott 2022

Con l’acronimo D.S.A. (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) si intende una categoria diagnostica, che appartiene ai disturbi del neurosviluppo e che si riferisce ai disturbi delle abilità scolastiche (DSM 5, 2014) ossia :
● Dislessia, disturbo nella lettura (intesa come abilità di decodifica del testo);
● Disortografia, disturbo nella scrittura (intesa come abilità di codifica fonografica e
competenza ortografica);
● Disgrafia, disturbo nella grafia (intesa come abilità grafo-motoria);
● Discalculia, disturbo nelle abilità di numero e di calcolo (intese come capacità di comprendere ed operare con i numeri).
Sebbene ad oggi non esista ancora un osservatorio epidemiologico nazionale, nell’introduzione della Consensus Conference dell’Istituto Sanitario di Sanità (CC-ISS, 2011) è indicato che in Italia i DSA mostrano una prevalenza oscillante tra il 2,5% e il 3,5% della popolazione in età evolutiva. Tale percentuale sottostima l’effettiva incidenza del disturbo, perché spesso non riconosciuto o confuso con altri disturbi.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento hanno un’origine biologica, si manifestano infatti anomalie a livello cognitivo che, a loro volta, sono associate a sintomi comportamentali. Perciò la manifestazione delle difficoltà di apprendimento comprendono un’interazione di fattori genetici, epigenetici e ambientali che colpiscono le capacità cerebrali di percepire o processare informazioni verbali o non verbali in modo efficiente e preciso (DSM-5, 2014).
Per quanto concerne la diagnosi, i criteri diagnostici di D.S.A. sono due:
1. Il funzionamento intellettivo generale è nella norma, ossia si esclude la presenza di
un Ritardo Mentale;
2. la o le difficoltà riportate nell’apprendimento sono dominio-specifiche, ossia si riferiscono ad una o più abilità determinate (decodifica del testo, competenza ortografica ecc.), lasciando però intatte le altre. A tal proposito bisogna sottolineare che non è possibile porre diagnosi di D.S.A. prima che il bambino abbia completato il secondo anno di scuola primaria, poiché le abilità dominio specifiche succitate sono in fase di apprendimento e stabilizzazione durante questo periodo scolastico; quindi non è possibile valutare e fare diagnosi prima degli 8 anni di età. Inoltre è consigliabile, prima di prevedere ed apporre una valutazione cognitiva e degli apprendimenti, sottoporre il bambino ad un potenziamento delle abilità che risultano essere “deficitarie”. Il potenziamento può essere svolto a scuola (attività prevista in molti istituti e svolta di routine durante la pausa didattica di Gennaio) o presso figure specializzate come Tutor dell’Apprendimento, psicologi, logopedisti. Solo in caso di esito negativo, ossia le difficoltà
sono resistenti al trattamento e persistono, allora è auspicabile svolgere una valutazione specifica (cognitiva e degli apprendimenti).
In questo quadro puramente nosografico occorre porre delle considerazioni:
1. la definizione di “disturbo” va contestualizzata: è importante non medicalizzare e patologizzare il bambino. Non abbiamo di fronte una “malattia” incurabile, un bambino “malato”, ma una persona con un funzionamento cognitivo (e conseguentemente psicologico) differente (e non sbagliato) rispetto alla norma, che può essere guidata ed educata affinchè possa raggiungere i medesimi obiettivi formativi e didattici degli altri. A tal scopo la legge L. 170/10 afferma che è obbligatorio, per la scuola e per l’alunno, il ricorso ad un “Piano Didattico Personalizzato” (PDP) e all’utilizzo di strumenti compensativi e di misure dispensative che possano garantire il successo scolastico degli allievi.
2. la diagnosi è il punto di partenza, non il punto di arrivo. Spesso si discute sulla diagnosi e sulle indicazioni “da manuale” da seguire rispetto allo studente DSA, trascurando però il dato principale: il bambino stesso. La diagnosi dice ben poco su come funziona, su come ragiona, su come si comporta e soprattutto su chi è
realmente. L’insieme delle sue capacità, delle sue attitudini, della sua personalità e del suo carattere dovrebbe guidarci in questo lavoro.
3. il gioco di squadra è la soluzione migliore per tutti. L’intervento su uno studente DSA non riguarda solo lui: coinvolge la scuola, gli insegnanti e la famiglia. Bisogna considerare tutte le conseguenze collaterali che una diagnosi di DSA implica nei suoi vari contesti di vita. La sopracitata CC-ISS riporta che i DSA hanno un importante impatto sia a livello individuale (frequente abbassamento del livello delle competenze acquisite e/o prematuro abbandono scolastico nel corso della scuola secondaria di secondo grado) sia a livello sociale (riduzione della realizzazione delle potenzialità sociali e lavorative dell’individuo).
4. La sfera emotiva ed affettiva dello studente deve essere quindi un cardine centrale del trattamento: a poco servono gli interventi mirati sulle capacità se non vi è motivazione e collaborazione. A tal proposito, all’interno del processo di valutazione degli apprendimenti, è indispensabile valutare anche le variabili emotive e comportamentali che il bambino mostra nei vari contesti di vita (e non solamente a scuola). Sarebbe auspicabile interrogarsi su cosa possa determinare tali manifestazioni e su cosa è possibile fare per migliorare lo stato di benessere del soggetto.
Detto ciò, cosa fare in caso di dubbio?
1. Osservare: come legge e scrive il bambino? Come usa i numeri? Concepisce la quantità? Come si pone nei calcoli? Come si comporta quando deve svolgere i compiti? Spesso i bambini con D.S.A. vengono descritti come svogliati e demotivati, si rifiutano di fare i compiti oppure li svolgono in maniera grossolana o frettolosa. In realtà, dietro a questi atteggiamenti, spesso si cela uno stato di agitazione e frustrazione, il bambino potrebbe sentirsi “stupido, incapace”.
2. Ascoltare: il bambino e la scuola. Spesso quest’ultima segnala la presenza di difficoltà nell’esecuzione dei compiti e ciò può avvenire già a partire dai primi mesi di scuola primaria e, in alcuni casi, anche durante la scuola dell’infanzia.
3. Non farsi prendere dal panico: nulla è perduto! L’importante è mantenere la calma e procedere per gradi:
a. Identificare le abilità che risultano “meno performanti”e in questo hanno un ruolo principale le insegnanti;
b. Prevedere un periodo di almeno 3 mesi di potenziamento mirato (se possibile a scuola oppure riferendosi a professionisti del settore);
c. Valutare se le difficoltà siano o meno resistenti al trattamento di potenziamento, anche in questo caso è un compito della scuola e delle figure coinvolte;
d. Richiedere una valutazione presso un servizio dedicato (Neuropsichiatria Infantile e/o psicologi esperti in campo di D.S.A.).
4. in caso di Diagnosi:
a. Consegnare la valutazione alla scuola la quale si adopererà per redigere il PDP opportuno nei tempi stabiliti dalla legge (cosa che può svolgersi anche in assenza di valutazione ed in seguito ad una segnalazione di difficoltà, nota ministeriale n. 2563/13)
b. Rivolgersi a figure professionali competenti e specializzate in D.S.A. come Psicologi, Tutor D.S.A., Logopedisti (si può chiedere consiglio in sede di restituzione della valutazione).
Bibliografia
American Psychiatric Association. "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali."
Quinta edizione. Raffaello Cortina Editore (2014).
Consensus Conference (2007), Disturbi Evolutivi Specifici dell’Apprendimento – Raccomandazioni per la pratica clinica definite con il metodo della Consensus Conference, Milano, 26 gennaio.
Decreto Ministeriale n° 5669 del 12 luglio 2011, Linee guida disturbi specifici di apprendimento.
Istituto Superiore di Sanità (ISS), Sistema Nazionale Linee Guida (2011), Consensus
Conference Disturbi Specifici di Apprendimento, http://snlg–iss.it/cc_disturbi_specifici_apprendimento.
Legge 170 del 8 ottobre 2010, Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico.






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