Clinica della bellezza- a cura del dott. Yari Ferrone
- Parole in famiglia

- 2 apr 2024
- Tempo di lettura: 5 min

“Spirito di casa[1]”; è l'atmosfera percepita dal dott. Felice Pannone all'esordio del seminario sulla visione e sulla clinica sistemico-relazionale.
Un uomo di esperienza prepara linee guida per dimenticarle nel momento in cui interviene. Connette con incessante modalità interattiva cose e concetti, testi e contesti, formazione ed esperienza, umana e professionale.
Il relatore cattura i propri interlocutori con la spontaneità che lo abita, col proprio sapere che sa di poter saper altro, con la propria umanità che alimenta giorno dopo giorno nonostante l'abbia già ben raggiunta e sufficientemente consolidata.
Lo spirito di casa lo generano le persone, le parole servono a mettere insieme i significati, il linguaggio non-verbale aiuta il decollo dei messaggi che arrivano dritti addosso, dove la sensazione è quella di aver, un sabato qualunque, “trovato la bellezza”!
Quando nella nostra esperienza di vita troviamo la bellezza, è una fortuna averla, una sfortuna non incontrarla.
Cos'è la bellezza? É estetica del linguaggio, generatrice di sensazioni, di sentimenti che dialogano tra le parti, in un sistema che è in relazione col tutto, col mondo, anzì...con l'universo!
Siamo tutti in relazione, siamo tutti parte di un sistema. Siamo tutti nel sistema, e sta a noi trasformarlo in relazione.
Ma che tipo di relazione?
Quando c'è bellezza s'instaura una buona relazione, e non c'è scienza che tenga al fronte del raggiungimento dell'essenza!
Quando c'è bellezza si generano “legami profondi” che ci aiutano a progredire e ad alimentare il senso dell'esperienza soggettiva, o ancor meglio, intersoggettiva.
Cosa sono i legami profondi? Relazioni familiari, amicali, amorose, che trovano qualcosa nell'altrove, negli abissi, che ci aiutano ad immergerci nel profondo, che sanno renderlo visibile quando è lì che siamo in contatto con la sintesi, con l'essenza, con la semplicità che è sempre la cosa più complessa!
E quando questo legame profondo non lo si riesce a sperimentare, dove profondo, al contrario, appare come sinonimo di “distante”, ecco che l'essere umano appare “ntussicat” (intossicato).
La napoletanità funziona nella descrizione di una persona negativamente contaminata nel proprio psichismo, incastonata in relazioni complesse, imprigionata in un sistema che non cambia, che fatica ad alimentare movimenti da sé, e che a volte formula domanda di aiuto psicologico.
Quando un'essere umano chiede per la prima volta aiuto ad un terapeuta, quest'ultimo condizionerà per sempre il destino psicologico del paziente...che non è un cliente che usufruisce di un servizio bensì una persona che si rivolge ad un'altra persona.
Il significato cambia. E come se non cambia!
“La realtà oggettiva non esiste”, asserisce il dott. Pannone, e non esiste per una semplice ragione; “perchè ognuno vede il proprio”, ponendo attenzione su ciò che vede, e quindi esercitando un'influenza sui luoghi psichici che, come terapeuti, andremo a visitare insieme alla persona che a noi si è rivolta.
Eh già! Il terapeuta che incontriamo sarà responsabile di “dove andremo”.
Cosa vuol dire sistema? Sistema vuol dire “porre insieme”; cosa mettiamo insieme, perchè scegliamo di metterlo insieme, in che modo lo facciamo? E cosa generiamo? Cosa mettiamo in movimento?
“La mappa non è il territorio”, fa notare il relatore, il formatore, che di tanto in tanto lascia un segno affinchè possa essere riflettuto, maturato tra l'inconscio e la coscienza di chi sta li ad ascoltare.
“Le percezioni sono infinite”, come a dire che ciò che percepiamo guiderà ciò che saremo nella relazione che viviamo, condividendo contenuti e materiale pronti a prendere una forma, un'altra forma e un'altra ancora, come fosse la forma dell'acqua, che nella sua scomposizione millimetrica non sarà mai la stessa.
“Umiltà”; non sentirsi migliori a nessuno consente l'ascolto e l'attenzione adeguata, non ignorando mai un elemento sistemico fondamentale. “L'osservatore costruisce la realtà che osserva”!
E allora, “cos'è l'essere umano?”
Non è semplice definire l'essere umano. Rispondere ad un quesito non definibile a priori comporta una domanda; come aiutiamo le persone a sentirsi più umane? Cosa ne facciamo delle emozioni negative, quelle che hanno intossicato la persona che pone una domanda di aiuto?
Ancora una volta la relazione, implicata in un sistema distorto.
Quale lettura proporre? Come generare una visione del sistema che sappia essere soggettiva?...dato che l'oggettività non può esistere.
L'oggettività può esistere nel momento in cui non può essere più tale! Nel momento in cui focalizziamo qualcosa che può sembrare oggettivo, dell'altro è già cambiato e quindi nulla rimarrà oggettivo al di fuori del momento.
Ogni oggettività raggiunta annulla l'oggettività assoluta.
Il processo terapeutico genera dell'altro, e il raggiungimento della soggettività forse è l'unica salvezza, l'obiettivo più importante, centrale.
“Per comprendere qualcosa la dobbiamo collegare al maggior numero di elementi possibili!”
Occorre del tempo per accendere lampadine nei pazienti, e occorre credere anche a ciò che non è credibile. Un autore a me caro diceva che la psicoanalisi non cerca la verità in sé, ma la verità di sé.
Non è importante credere a tutto, ma è fondamentale credere in chi crede. Il paziente che non si sente creduto è come il bambino di Winnicott che, se da un lato ama nascondersi, dall'altro teme di non essere trovato.
Che trauma!
Eppure dovrà arrivare il giorno in cui il genitore “dovrebbe essere accettato, non perdonato!”
Perdonare è già porsi su un piano superiore, e questo, oltre a non avere una logica, distrugge le potenzialità di una relazione più genuina, finalmente meno contaminata e quindi libera da difese e pregiudizi.
Gli altri non sono solo ciò che vediamo; essi sono anche ciò che noi sappiamo far essere. Sono ciò che facciamo esistere. Soprattutto.
Bateson asseriva che “siamo la somma dei nostri incontri”, lasciandoci dedurre che nel momento in cui siamo sempre in relazione, non saremo mai identici all'attimo prima.
Ancora bellezza.
Poetica della relazione, prosa dei sistemi, algoritmo delle emozioni.
Epigenetica; tutto questo ha una grande influenza anche sulla genetica. Un sistema immenso, infinito, sempre attivo. La grande relazione!
Clinica; “la terapia non funziona perchè il paziente resiste. Ma scusami...e tu non c'entri niente col paziente che resiste?”.
Il paziente che ha bisogno di difendersi va compreso e rispettato fino al momento in cui non sarà pronto a svelare quel che di sé ancora non sa, ma nella difficoltà a tirarsi fuori da quella narrazione monotematica come può il terapeuta non esserne parzialmente responsabile?
In un'ottica relazionale, non è solo il paziente che ancora non sa, ma è anche il terapeuta che può trovarsi nella mancanza.
E allora, forse, il paziente che resiste non è detto che sia solo offuscato dalle sue difese. Resiste (nel senso dell'attesa) alla mancanza del terapeuta.
Chi accetta chi?
Il processo è condiviso e differente da ogni altro. Ogni membro porta con sé qualcosa, che può inibire tanto quanto svelare.
“Il terapeuta passa ciò che è, e non ciò che fa”!
Clinica della bellezza!
Dott. Yari Ferrone
Psicologo clinico e psicoterapeuta
ad orientamento psicoanalitico interpersonale
[1]Quelle riportate in corsivo sono alcune delle espressioni utilizzate dal dott. F. Pannone durante il seminario su indicato e che hanno fatto da guida a questa libera sintesi






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