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Ansia e Panico - A cura del dott. Cristian Prosperini


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La nostra ansia non viene dal pensare al futuro, ma dal volerlo controllare.

Khalil Gibran


L’ansia e il panico rappresentano due fenomeni clinici straordinariamente diffusi e che si presentano in maniera trasversale in ogni età. Adulti, adolescenti e bambini, chiunque può trovarsi a farne esperienza. Ed è proprio la loro straordinaria diffusione a dare un senso alla possibilità di dirne qualcosa a riguardo, quantomeno per provare ad intenderli e a differenziarli per quanto possibile.


Sul piano dell’esperienza soggettiva sono, infatti, due fenomeni molto vicini e trovare una differenza richiede quindi di guardarli da vicino.

Per quanto riguarda l’ansia possiamo dire che si presenta come una marcata agitazione, irrequietezza, palpitazioni, un generale senso di preoccupazione. Com’è evidente, si caratterizza come una serie di risposte, principalmente fisiologiche, ad una sollecitazione esterna o interna che dovrebbero aprire alla possibilità di far fronte a ciò che in quel momento sembra causarle.


Quindi, ansia come uno stato di attivazione generale che dovrebbe consentire di rispondere alla sollecitazione, di poter far qualcosa di ciò che la mette in moto. Questa è una declinazione dell’ansia comune, a tratti produttiva, ma quando fallisce nel suo intento mostra un suo altro volto, ovvero quello della sofferenza, del disagio. È la situazione in cui finisce per dilagare, per essere presente quasi costantemente, il momento in cui si presenta in modo misterioso per chi la vive, cioè senza che possa esserne chiara la fonte. “Provo ansia e non so per che cosa” o “provo ansia anche se so che non dovrei”. Cioè la si vive senza che si riesca ad intendere per cosa la si stia vivendo. Nel suo insinuarsi in ogni ambito del quotidiano rende estremamente difficoltoso e pesante il poter vivere.


Se questi elementi ci aiutano a definire l’esperienza dell’ansia acuta, quelli che caratterizzano il panico sono un malessere estremo che si verifica improvvisamente: un dolore dirompente che prende spesso la forma della paura di impazzire o di morire, fondamentalmente di perdere il controllo, di perdersi. Nei suoi picchi produce una sensazione di distacco dalla realtà, tutto appare così estraneo da sembrare irreale. Un evento simile è ciò che possiamo definire attacco di panico, sicuramente una manifestazione che non ha nulla di adattivo, che non prepara a nulla. Parliamo invece di disturbo di panico nel momento in cui al timore che possa presentarsi ancora, segue un effettivo manifestarsi di quella situazione estrema e senza senso.


Si potrebbe dire, infatti, che nell’esperienza immediata, più che un senso, l’ansia acuta ed il panico hanno una logica.

Per quanto abbiano sottili differenze nel loro manifestarsi sono entrambe accomunate dalla sensazione di essere superati, di essere in balia di qualcosa che per chi le vive è difficile da definire. Irrompono improvvisamente e in maniera inaspettata, fanno da segnale di qualcosa che nella propria vita non va.

Il panico, ad esempio, spesso non è legato all'evento contingente in cui si manifesta, esplode infatti in maniera inaspettata. Possiamo immaginarlo come un ordigno con una miccia lunga, il cui innesco va quindi ricercato in un tempo precedente. Non ci dice cosa non va, ma fa segno che qualcosa non quadra più, che qualcosa della propria vita non è più sopportabile.


Uno degli elementi logici che lo caratterizza è il vacillamento di quegli aspetti cardine che rappresentavano un riferimento nella propria vita, che la rendevano stabile. E questi aspetti sono prettamente riferimenti simbolici. Simbolici nella misura in cui non hanno un valore in senso oggettivo, ma rappresentano qualcosa per qualcuno.


È quello che Freud aveva messo in evidenza nel suo testo “Psicologia delle masse e analisi dell’Io”. Possiamo trarre da questo testo un esempio molto semplice: nel momento in cui il comandante, il riferimento, viene meno in una battaglia la truppa si disperde in preda all’angoscia. Quando il punto di riferimento viene meno c’è il panico. Questo esempio caratteristico ci lascia intendere qualcosa in più di come, in caso di ansia e di panico nell’infanzia e nell’età evolutiva, sia qualcosa dei riferimenti simbolici familiari ad aver vacillato, ad essersi rivelato momentaneamente non all’altezza della propria funzione. Il sentire il crollo o il vacillamento dei riferimenti e dei limiti rassicuranti ha, quindi, come altra faccia della medaglia l'irruzione dell’esperienza di una vita senza argine, senza confine. Ci si sente così tanto attivati, tanto vivi da avere paura di morire.


È necessario precisare che per quanto il panico e l’ansia non rendano semplice vivere, non sono in grado di provocare la morte di chi le sperimenta. In questa prospettiva il timore di morire che spesso caratterizza simili manifestazioni, rappresenta l'invocazione di quel limite assente o insufficiente che possa opporsi a quella sensazione di essere ridotti al proprio corpo di non essere nient'altro che il proprio corpo, in tutte le accentuate manifestazioni del suo funzionamento a cui abbiamo fatto riferimento.


Sicuramente di questi elementi logici universali bisogna poter rintracciare la piega individuale, intendere come si intreccino con la trama di vita di chi le sta sperimentando, realizzare un passaggio dalla logica al senso, ovvero trovare cosa possano rappresentare per ciascuno che le sta vivendo, di cosa stanno facendo segno. E questa è una parte fondamentale del trattamento.


Orientarsi in questo senso consente di intervenire sulla fobia che spesso si costruisce a seguito di esperienze come quella del panico. Di frequente, infatti, chi fa esperienza di un attacco di panico finisce per costruire una fobia, ovvero di una paura che lo tenga lontano da situazioni in cui sente che il panico si è manifestato provando così a circoscriverlo, a limitarlo. Alzare delle barricate che possano riparare da quell’eccesso ha però come conseguenza la compromissione di parte delle proprie possibilità, della propria libertà. Ripararsi da un eccesso di vita finisce per asfissiare la vita stessa. Che sia evitare luoghi affollati, evitare di guidare in certe strade, di prendere alcuni mezzi di trasporto, ad un’assenza di limite si risponde limitandosi autonomamente. Un trattamento fai da te che produce tanti benefici quanti costi.


Affinché un trattamento possa davvero aver luogo è necessario, quindi, che avvenga un cambiamento di prospettiva: dal lamento generico per la propria condizione, alla costruzione di uno specifico interrogativo che possa spingere alla ricerca di ciò che motiva l’ansia e il panico perché sia possibile affrancarsene.


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