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ADHD: istruzioni per l'uso - A cura della dott.ssa Marianna Sacco


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Biagio è un bambino di 8 anni, ama andare a scuola e giocare con i compagni, ma, a detta delle maestre, non riesce proprio a stare seduto. Spesso è distratto, sembra essere in un mondo tutto suo, fatto di giochi e disegni e a volte sembra proprio disinteressato. In più, quando non può fare ciò che desidera, stuzzica i suoi compagni di classe, oppure assume comportamenti inadeguati che li distraggono. A casa non è autonomo nello svolgimento dei compiti, si rifiuta e si arrabbia. Sembra non riesca a controllare i suoi impulsi, deve ottenere tutto e subito.


Questa è una descrizione di pura fantasia, eppure sono certa che alcuni di voi abbiano percepito queste parole come estremamente familiari. EInfatti, è la classica descrizione che si dà di un bambino che mostra i segni dell’ADHD.


Spieghiamoci meglio. L’ADHD (Deficit di Attenzione ed Iperattività) è l’etichetta diagnostica utilizzata per descrivere i bambini che presentano difficoltà e funzionamento molto vari, ma con problematiche comuni legate al mantenimento dell'attenzione al controllo dell’impulsività e del movimento. Secondo le attuali linee guida e manuali diagnostici i sintomi principali sono:

- Disattenzione: difficoltà nel mantenimento dello sforzo attentivo, facilità di distrazione, difficoltà a seguire le istruzioni, difficoltà ad organizzarsi;

- Iperattività: eccessivo livello di attività motoria, frequentemente eccessivo livello di attività vocale;

- Impulsività: difficoltà a dilazionare una risposta, difficoltà ad inibire comportamenti inappropriati, difficoltà ad attendere una gratificazione.


Dalla combinazione di essi è possibile individuare tre sottotipi:

- ADHD “disattento”: con maggiori difficoltà nel dominio dell’attenzione;

- ADHD “combinato”: con difficoltà miste di attenzione ed iperattività/impulsività;

- ADHD “iperattivo-impulsivo”: con maggior difficoltà nel dominio del controllo comportamentale ed emotivo.


Come in ogni patologia poi è possibile definirne la gravità, andando ad indicare il grado di compromissione del funzionamento (lieve, moderato, grave). Inoltre, la diagnosi si effettua in età evolutiva, ma differentemente dal passato, si cerca di aspettare i 12 anni per porla in maniera "definitiva".

Non sono di minore importanza i sintomi e i disturbi secondari che si possono presentare in associazione o come conseguenza dell’ADHD. Spesso i bambini con questa diagnosi presentano in comorbilità:


- Comportamenti aggressivi: tendenza a prendersela con i coetanei e i famigliari, scoppi d’ira;

- Difficoltà scolastiche: difficoltà di apprendimento, rendimento scolastico scarso;

- Problematiche interpersonali: difficoltà nell’instaurare e mantenere le amicizie, scarsa integrazione nel gruppo classe;

- Disturbi emotivi: ansia, difficoltà di gestione della rabbia, depressione (ecc.).


Quindi cosa fare?

Prima di tutto non bisogna spaventarsi, come in ogni tipo di patologia o sintomo è bene ricordarsi che si ha davanti una persona, con limiti e potenzialità: fino ad adesso abbiamo visto solo i limiti. La valutazione e la diagnosi sono solo i primi passi per determinare il funzionamento globale del bambino; la famiglia, la scuola e gli specialisti coinvolti devono chiedersi: cosa sa già fare? quali sono le sue attitudini? e i suoi interessi? che tipo di apprendimento presenta? quali sono le sue potenzialità? e le capacità cognitive residue? Queste risposte si possono trovare solo osservando il bambino all’azione nei suoi contesti di vita. Solo a seguito di questo processo di osservazione è possibile intervenire.


Come intervenire?

In caso di difficoltà in età evolutiva si consiglia sempre un intervento integrato, dove ci sia collaborazione tra scuola, famiglia e specialistici coinvolti.

- Famiglia:

si consiglia di seguire un Parent Training volto all'acquisizione di consapevolezza, conoscenze e strategie specifiche per l’ADHD; inoltre può essere un valido supporto per ogni membro della famiglia;

- Scuola:

Attivazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato),come da legge 104/2012;

Formazione dei docenti in merito alla patologia ADHD;

- Bambino:

Terapia comportamentale: non è una semplice acquisizione di strategie di gestione del comportamento e delle emozioni. In questo tipo di intervento il principale obiettivo è di rendere consapevole il bambino delle proprie difficoltà e potenzialità. Spesso i bambini con questo tipo di diagnosi si colpevolizzano, si sentono “diversi”, “cattivi” e “sbagliati”; coinvolgerli già nel processo di diagnosi e valutazione può aiutarli a capire le cause del loro comportamento e a trovare rassicurazione (e non rammarico) nella diagnosi stessa;


Terapia farmacologica: a volte risulta necessario intraprendere una terapia farmacologica per migliorare l’inibizione comportamentale e favorire un potenziamento delle capacità attentive;

Supporto scolastico specialistico (tutor): può essere utile supportare le capacità di apprendimento del bambino con un intervento mirato volto all’acquisizione di un corretto metodo di studio e all'uso di strategie compensative.


“Consigli per l’uso”: in questo articolo si vogliono fornire dei piccoli suggerimenti per poter fronteggiare i comportamenti problema più frequenti. Le tecniche però devono sempre adattarsi al funzionamento del bambino:

- RINFORZO POSITIVO: è un intervento basato sulle conseguenze positive del comportamento, consiste nel “premiare”, anche semplicemente con un apprezzamento, i comportamenti positivi messi in atto dal bambino (es. Bravo Biagio, hai terminato l’esercizio nei tempi stabiliti”);

- IGNORARE PIANIFICATO: in accordo con il bambino stesso si ignorano i comportamenti disfunzionali ed inadeguati messi in atto per attirare l’attenzione o per ottenere una gratificazione (es. il bambino inizia a saltellare intorno al banco) finché non cessa il comportamento;

- SISTEMA A PUNTI STRUTTURATO: insieme al bambino si decidono regole da rispettare, punti da associare all’attuazione del comportamento desiderato e premi da riscuotere al raggiungimento di un punteggio target (es. rimanere seduto per 15 minuti durante la lezione = 4 punti, 50 punti=matita colorata). Ogni volta che il bambino mette in atto il comportamento desiderato verrà assegnato un punteggio prestabilito, al raggiungimento del punteggio target avrà la sua ricompensa.

- COSTO DELLA RISPOSTA: si può associare al sistema a punti, ossia ogni volta che il bambino mette in atto un comportamento problema, possono essere applicate delle penalità (togliere punti, rinunciare ad un’agevolazione in classe…). In entrambi gli interventi è bene che il bambino sappia le regole da rispettare e le penalità che saranno applicate;

- TIME OUT: di fronte a comportamenti aggressivi e collerici il bambino viene messo in time out, ossia posizionato in un posto neutro, privo di stimoli interessanti o attivanti rabbia, allo scopo di allontanarlo dal contesto in cui si è verificato il comportamento problema e di allenarlo all’autodisciplina (“quando la rabbia è eccessiva mi allontano e mi calmo”). Al termine del time out deve seguire un momento di riflessione (non giudicante, ma propositivo in termini di strategie di risoluzione) appena il bambino appare più calmo e aperto al dialogo.

- ALLENAMENTO AL COMPORTAMENTO CORRISPONDENTE: ossia simulazioni di comportamenti funzionali da svolgere insieme al bambino e, se possibile, coinvolgendo altri pari. L’apprendimento dei bambini avviene attraverso l’imitazione e la pratica, quindi è importante proporre esempi pratici delle condotte da assumere, piuttosto che spiegarle solamente a parole. Ricordiamoci anche che noi adulti possiamo essere un ottimo esempio e quindi è auspicabile agire i comportamenti funzionali in prima persona!



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