Accettazione, un passo verso la resilienza - A cura della dott.ssa Marianna Sacco
- Parole in famiglia

- 12 mar 2023
- Tempo di lettura: 2 min

“Resilienza: L’arte di risalire sulla barca rovesciata. Quando la vita rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra e senza perdere mai la speranza continuano a lottare contro le avversità.”
Pietro Trabucchi
Quando si parla di eventi stressanti, dolorosi o traumatici, come cambiamenti di vita, lutti, delusioni relazionali o catastrofi, spesso viene citata la parola resilienza, facendo riferimento alla capacità di “superare” gli ostacoli che la vita ci propone.
Ma cos’è davvero? E come si può diventare ed essere resilienti?
Nell’ambito della scienza dei materiali, la resilienza indica la proprietà di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. In biologia e in ecologia la resilienza esprime la capacità di un sistema di ritornare a uno stato di equilibrio in seguito ad un evento perturbante. In psicologia il termine resilienza esprime la capacità dell’individuo di fronteggiare una situazione stressante, acuta o cronica, ripristinando l’equilibrio psico-fisico precedente allo stress e, in certi casi, migliorandolo. Essere resilienti non significa infatti solo saper opporsi alle pressioni dell’ambiente, ma implica una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, nonostante le crisi, e permette la costruzione, anzi la ricostruzione, di un percorso di vita.
Inoltre essere resilienti richiede il coinvolgimento di più capacità dell’individuo, che spaziano dalla sfera emotiva a quella cognitiva e metacognitiva, ma sicuramente tra queste, una delle più importanti è l’accettazione.
Spesso si compie l’errore di associare l’accettazione alla rassegnazione, ma la differenza è abissale ed è evidente quando si considera l’aspetto motivazione di entrambe. Nell’accettazione si ha la propensione ad essere “attivi e propositivi” rispetto all’oggetto “da accettare”, mentre nella rassegnazione, si tende ad essere piuttosto “passivi”, a “subire” quanto ci accade.
L’accettazione infatti si basa su tre processi importantissimi:
1. Centrarsi: ossia ascoltarsi, cercare di comprendere quale bisogno risulta essere frustrato e per quale motivo. Spesso è un obiettivo che non riusciamo a raggiungere o che risulta difficile realizzare. Per esempio una relazione in crisi, un lavoro stressante, il superamento di un lutto.
2. Osservare: comprendere quale sia l’ostacolo che provoca sofferenza e quale potere abbiamo per cambiarlo o per superarlo. Valutare se si stanno investendo energia e tempo nella giusta direzione o se si sta compiendo l’errore di non avere un’idea chiara della realtà (come mai la relazione è in crisi? Come mai il lavoro è stressante? Come mai non riesco a superare questo lutto?)
3. Agire: programmare un nuovo piano di azione, di risoluzione del problema o di investimento in nuovi obiettivi di vita, probabilmente più gratificanti e raggiungibili (Posso trovare un compromesso? Sto accettando l’altro o sono accettata dall’altro? Posso ridurre il carico di lavoro? Posso delegare? Posso cambiare mansione? Posso concentrarmi sugli aspetti positivi della mia vita? Posso ascoltare questa mancanza senza senso di colpa?).
L’accettazione è sicuramente una delle capacità più difficili da apprendere e richiede una buona dose di pazienza e capacità introspettiva. A volte può servire un aiuto, basti pensare che è uno dei primi obiettivi di un percorso terapeutico (e, a volte, anche il più difficoltoso).






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